Petroldollari 1.4
La questione del riciclaggio dei "petrodollari".
Con la fine del Gold standard e della convertibilità del dollaro con l'oro gli Usa avevano ottenuto enormi benefici soprattutto con il flusso di ritorno dei dollari che permetteva di finanziare il deficit della bilancia dei pagamenti statunitense. Questo perché maggiore era l'eccedenza di dollari degli altri paesi, maggiori erano le quantità di dollari che gli altri paesi erano obbligati ad investire nei titoli del Tesoro americano. I mercati finanziari erano stati esclusi dal sistema monetario internazionale, ma con la politica di deregolamentazione le banche private furono catapultate al centro della finanza internazionale, permettendo così il dominio degli operatori finanziari anglo-americani. Una delle caratteristiche degli accordi di Bretton Woods era infatti di proibire agli operatori finanziari privati di poter effettuare movimenti di fondi a livello internazionale conferendo alle banche centrali facoltà di controllare e impedire che ciò avvenisse. Venuti meno questi accordi, attraverso le banche private si potevano riciclare le eccedenze di dollari degli altri paesi e finanziare il debito americano.
Nel nuovo sistema monetario-finanziario l'egemonia del dollaro e del mercato finanziario statunitense combinavano le loro forze per aumentare la capacità di controllo e di influenza di Washington sull'economia internazionale. Da una parte la centralità del dollaro come moneta internazionale dominante qualificava la divisa statunitense come la più importante opzione di riserva di valore per gli investitori privati e i governi, dall'altra il potere di attrazione che esercitavano le dimensioni del mercato finanziario americano sui capitali internazionali rafforzava il dominio del dollaro.
Inizialmente il nuovo regime si presentò come una liberazione per i governi rispetto alla rigidità di Bretton Woods perché permetteva ai cambi di muoversi più rapidamente invece di dover subordinare la politica economica al mantenimento di un tasso fisso con le monete principali. Inoltre in caso di deficit permetteva di ricorrere al mercato finanziario privato come mezzo per ottenere fondi. In realtà la maggior parte dei paesi si accorse ben presto che la liberalizzazione finanziaria era un'illusione perché le variazioni nel cambio necessitavano di maggiori riserve di dollari per mantenere la propria divisa stabile.
La fine degli accordi di Bretton Woods coincise con l'aumento del prezzo del petrolio deciso dall'OPEC. In realtà non fu una coincidenza e l'incremento dei prezzi fu utilizzato dall'amministrazione Nixon per finanziare il deficit della bilancia dei pagamenti attraverso il riciclaggio dei dollari nei mercati finanziari nordamericani.
Venendo meno gli accordi di Bretton Woods, lo shock petrolifero ha potuto diventare lo strumento per colpire l'Europa e il Giappone in uno dei suoi punti più vulnerabili: la dipendenza dal petrolio importato. L'eccedenza di conto corrente dei paesi OPEC si traduceva in un deficit commerciale per il resto del mondo, quindi il problema del riciclaggio era in sostanza la necessità di ricondurre l'eccedenza dei paesi esportatori di petrolio verso i paesi debitori con l'obiettivo di ammortizzare gli squilibri della bilancia di pagamento globale.
Il riciclaggio di petrodollari avrebbe dovuto servire come finanziamento della bilancia dei pagamenti nel periodo immediatamente posteriore al collasso di Bretton Wooods. Prima era il FMI a dover provvedere al finanziamento per pareggiare le bilance di pagamento, successivamente questo ruolo era svolto dai mercati internazionali di capitali. Tuttavia i mercati di capitali attraversavano un periodo di grosse difficoltà ed erano incapaci di risolvere il problema del riciclaggio ponendosi come intermediari nel trasferire l'eccedenza di capitale dei paesi dell'Opec verso i paesi meno sviluppati che necessitavano di finanziamenti della bilancia dei pagamenti per pagare le importazioni di petrolio. Di fatto la maggior parte dei petrodollari che transitavano attraverso i mercati dei capitali non si diressero verso le economie con maggior deficit ma verso i paesi più sviluppati in particolare gli Stati Uniti. I paesi meno sviluppati continuarono a contrarre debiti con i prestiti ufficiali e il FMI.
Nel 1978 la svalutazione del dollaro iniziava a rendere più conveniente per i paesi Opec vincolare il prezzo del petrolio ad altre valute oltre al dollaro. Ma Blumenthal, il segretario del Tesoro statunitense, stipulò con gli arabi un patto segreto che manteneva la quotazione del petrolio in dollari. In cambio della fedeltà al dollaro e grazie alle crescenti somme concesse in credito dal FMI l'Arabia Saudita ottenne una maggior rappresentazione nel riparto di voti del FMI. Una volta eliminata la minaccia della rottura del vincolo tra petrolio e dollaro gli USA non garantirono solamente la continuazione del riciclaggio dei petrodollari ma sostennero il dollaro come moneta egemonica favorendo così il signoraggio e il finanziamento automatico della bilancia dei pagamenti.
Il ruolo del dollaro era rafforzato per due motivi. Primo, la natura del sistema internazionale basato su cambi flessibili (che sostituì il sistema di cambi fissi di Bretton Woods) che obbligava le nazioni ad accumulare dollari per sostenere il cambio della propria moneta ed essere nella posizione di affrontare attacchi speculativi contro la propria valuta, secondo, la quotazione del petrolio in dollari. Gli Stati Uniti stampavano la moneta che tutti i paesi utilizzavano per comprare petrolio dai paesi produttori, i quali a loro volta li riciclavano investendoli in buoni del Tesoro americani o in azioni. Considerando che la principale moneta di riserva è anche la più accettata tra gli investitori, il dollaro era la destinazione principale di questi investimenti soprattutto di quelli degli esportatori di grandi dimensioni come i produttori del Golfo Persico.
La relazione petrolio-dollaro è una relazione circolare che si autorafforza. Non solo le entrate derivanti dall'esportazione di petrolio vengono investite in dollari fino a che il dollaro è la principale riserva di valore, ma è proprio questo vincolo che permette al dollaro di continuare ad essere la principale riserva di valore. Il vincolo del dollaro con il petrolio ha permesso il finanziamento del debito estero statunitense, ma, allo stesso tempo, ha rappresentato la via di uscita per le esportazioni del resto del mondo. Il deficit del conto corrente americano è stato nello stesso tempo la causa del flusso di dollari che compensa la bilancia dei pagamenti, che ha permesso agli USA di importare più di quello che esportavano in cambio di carta e ha offerto un mercato per le esportazioni degli altri paesi, ma contemporaneamente ha portato all'indebitamento sempre più insostenibile degli USA e alla formazione della bolla finanziaria derivata dalla creazione eccessiva di credito. Si può dire che la crescita del mondo negli ultimi 30 anni si sia basata sull'indebitamento statunitense e quindi sull'emissione di carta. Inoltre le riserve internazionali di dollari sono aumentate vertiginosamente dal 1970 in poi. Le banche centrali straniere che hanno accumulato grosse quantità di dollari non hanno avuto miglior opzione che investirle negli Stati Uniti acquistando attivi finanziari (azioni, buoni del tesoro, ecc.). Grazie a questo processo di creazione del credito si è generata una bolla del credito. Come abbiamo visto, tra il 1971 e il 1973 il dollaro si è svalutato nei confronti del marco e dello yen, e questo incise sulla competitività delle esportazioni dei suoi rivali e sui loro profitti. Da una parte gli USA beneficiarono della caduta del dollaro anche se furono incapaci di restaurare i tassi di profitto del ciclo precedente. D'altra parte fu principalmente con l'indebitamento del governo statunitense che l'economia mondiale si mantenne a galla in questa nuova fase. Il ricorso a politiche keynesiane dimostrò di essere ambivalente nei suoi effetti. Il sostegno alla domanda, il deficit fiscale e il credito facile permisero la sussistenza dei produttori meno efficienti che in altri contesti sarebbero falliti. I rimedi keynesiani evitarono la depressione e aumentarono la domanda aggregata.
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