venerdì 6 agosto 2010

Petroldollari; 3.1

3. Le future zone di tensione per il petrolio

3.1 Il Venezuela e l'entrata sulla scena politica di Chávez.
Il Venezuela è uno dei paesi aderenti all'Opec, è al settimo posto tra i paesi produttori e figura tra i paesi più ricchi del mondo per quanto riguarda la riserve accertate di petrolio, che raggiungono attualmente 80.582 milioni di barili e si trovano nei bacini di Maracaibo, Barinas, Anzoàtegui, Monagas, Delta Amacuro, Falcon e Guàrico. Quando sarà completato il processo di certificazione delle riserve della faglia petrolifera dell'Orinoco, raggiungeranno circa 236 mila milioni di greggio pesante e extrapesante, cifra che porterà il Venezuela al primo posto tra i paesi con maggiori riserve petrolifere. Attualmente produce 1,53 milioni di barili al giorno ma l'obiettivo per il 2012 è raggiungere una produzione giornaliera di 5 milioni e 847 mila barili.
Per la sua posizione geografica è molto più vicino agli Stati Uniti della maggior parte degli altri produttori, il che gli permetterebbe di figurare per molti anni tra i principali fornitori di idrocarburi della regione americana. All'inizio del secolo, più del 60% del petrolio estratto in Venezuela veniva fornito agli USA.
Il settore petrolifero è stato nazionalizzato nel 1999, ancora prima dell'arrivo di Hugo Chávez al potere. Ciononostante, varie compagnie estrattrici di petrolio ("Exxon Mobil", "Chevron" e "Conoco-Phillips", nordamericane; "British Petroleum", la francese "Total" e la norvegese "Statoil" che hanno lavorato nella Faglia petrolifera del fiume Orinoco) conservarono una certa indipendenza.
Dall'inizio della sua campagna elettorale nel 1998, Chávez attaccò duramente l'industria petrolifera nazionale, in particolare i processi di internazionalizzazione e di apertura. Le sue promesse elettorali includevano l'eliminazione della vendita all'estero delle proprietà di PDVSA (Petróleos de Venezuela, S.A. - la Compagnia Petrolifera Statale Venezuelana). Manifestò la sua adesione al sistema di quote dell'OPEC.
Quando Hugo Chávez arrivò al governo, trovò una situazione disastrosa: il Venezuela produceva tanto petrolio, ma gli introiti erano pochissimi. Colpa sia della congiuntura internazionale, con prezzi del petrolio ai minimi storici, sia della situazione interna, che vedeva PDVSA quasi in perdita, tanto che si parlava della sua privatizzazione.
Hugo Chávez fu l'artefice della risalita dei prezzi e della rinascita della OPEC: i suoi contatti internazionali nei primi anni di governo, le sue visite ai principali governanti dei paesi OPEC e la congiuntura mondiale (l'enorme sviluppo capitalistico dei paesi industrializzati e della Cina, che necessitano sempre più energia, e le invasioni nordamericane) determinarono un innalzamento dei prezzi.
A livello interno iniziò quella ristrutturazione che toglierà definitivamente di mezzo le famiglie oligarchiche venezuelane dalla gestione del petrolio. In sostanza, fino al 2003 PDVSA, pur essendo una società statale, era gestita da una "aristocrazia" in modo clientelare e nell'interesse non solo proprio, ma anche di potenze straniere (USA).
PDVSA, fino al 2003 era uno Stato dentro lo Stato e funzionava come un'impresa privata. Il livello di autonomia di gestione era talmente alto da poter definire in tutta libertà la politica petrolifera dello stato, anzi, gli interessi dello stato erano secondari rispetto ai propri.
Quando il governo Chávez, di fronte alle necessità di un 75% della popolazione che viveva nella più assoluta miseria, iniziò a scardinare questa situazione, iniziarono ad apparire i contrasti con l'oligarchia, che controllando i mezzi di comunicazione riusciva a manipolare e influenzare una parte consistente della popolazione.
A partire dal dicembre 2001 le tv private venezuelane iniziarono a vestire i panni dell'opposizione al governo. Si trasformano in un vero partito politico. Di fatto cessarono la normale programmazione fatta di informazione e di intrattenimento con film, spettacoli e programmi vari per dedicarsi 24 ore al giorno a una continua attività propagandistica antigovernativa.
In Venezuela l'entrata sulla scena politica di Chávez aveva spazzato via tutti i partiti politici fino ad allora esistenti. L'opposizione politica si sciolse letteralmente. Non aveva nessun credito nell'opinione pubblica venezuelana. Questo ruolo venne assunto appunto dalle televisioni private, che, concentrate nella mani di poche famiglie oligarchiche, praticamente si trasformano in una sola grande catena televisiva. Ovviamente la forza della televisione era tale da riuscire a manipolare una parte consistente della popolazione, fino al punto massimo di riuscire a convogliare centinaia di migliaia di persone nella famosa marcia dell'11 aprile del 2002.
Qualche anno dopo iniziarono anche le preoccupazioni per la valuta statunitense. Infatti il primo giugno del 2006 nella riunione Opec a Caracas, Chávez analizzò la possibilità di avere come punto di riferimento l'euro invece che il dollaro. Il presidente venezuelano inaugurò la riunione ministeriale del paesi Opec e si augurò che prima o poi l'Opec riesca a liberarsi dalla dittatura del dollaro. "Gli Usa stanno alimentando una bolla speculativa che, se dovesse scoppiare, farebbe tremare il mondo" dichiarò. Chávez disse anche che vari paesi stavano valutando di prendere come moneta di riferimento per il prezzo del petrolio e per il commercio internazionale, l'euro al posto del dollaro. (Ansa 01/06/2006)
Il 27 febbraio del 2007, Hugo Chávez firmò il Decreto sul passaggio di tutti i giacimenti petroliferi sotto il controllo della PDVSA.
Il documento non significa che le compagnie straniere interrompevano la loro attività in Venezuela. Il presidente proponeva loro di creare insieme a PDVSA imprese miste, trasferendo il pacchetto di controllo azionario alla Corporazione statale venezuelana.
Hugo Chávez aveva affermato di non volere l'uscita delle transnazionali dal paese, ma aveva voluto sottolineare che il settore petrolifero rivestiva e riveste importanza strategica per l'economia del paese e non può appartenere ad imprese private. Chávez ha bisogno di petrolio, o per meglio dire, di petrodollari non solo per riarmare l'Esercito, ma soprattutto per investire nelle riforme sociali, nell'agricoltura, nella sanità pubblica e nell'istruzione.
Occorre pure segnalare che Chávez ha progetti molto più estesi. Mediante il petrolio si propone di consolidare l'alleanza degli Stati latinoamericani che, a suo parere, dovrebbe trasformarsi in un nuovo centro di influenza nel continente. Sebbene molti dei suoi omologhi latinoamericani non appoggino i sentimenti anti-nordamericani di Chávez, si mostrano benevoli rispetto alla possibilità di rafforzare la loro indipendenza rispetto agli USA, facendo affidamento sugli idrocarburi venezuelani a basso prezzo. Per questo, è stato unanimemente appoggiato il progetto di gasdotto transcontinentale dal Venezuela all'Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay di 8 mila Km che costerà 23 milioni di dollari. In futuro si aggiungerà il gas boliviano.
Il consorzio russo "Gazprom", che offre cooperazione nei lavori e nella produzione di tubi e gas liquido, è disposto a prestare assistenza ai paesi latinoamericani nella realizzazione del progetto in questione e ha già firmato con i partecipanti al gasdotto sudamericano i primi documenti a riguardo. Oltre a "Gazprom", in Venezuela è presente "Lukoil" che ora si appresta a valutare e ad assicurare la certificazione internazionale delle riserve di greggio nella faglia dell'Orinoco.
I cinesi e i giapponesi, desiderosi di ottenere idrocarburi di regioni più stabili di quelle dell'Oriente arabo, si mostrano anch'essi interessati ad appoggiare il riorientamento delle forniture di petrolio e gas da parte del Venezuela. Durante la sua visita a Pechino, Hugo Chávez ha firmato il contratto che prevede entro il 2012 l'aumento di sei volte delle esportazioni di petrolio alla R.P. Cinese: da 150.000 fino a 1 milione di barili giornalieri. Da parte loro, le compagnie giapponesi di investimenti commerciali "Marubeni" e "Mitsui Bussan" hanno firmato con PDVSA un contratto della durata di 15 anni per forniture giornaliere di 200.000 barili di petrolio.

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