venerdì 15 giugno 2007

Lettera aperta al ministro giovanna melandri (gira che ti rigira stiamo sempre parlando di macelleria italiana)

Illustrissimo ministro Melandri



siamo i Ragazzi della Curva Nord Brescia 1911, un gruppo Ultras presente sul territorio bresciano da una decina d’anni. Lo spunto che ci ha portato a scriverLe è la notizia dell’annullamento dell’ordine di arresto per omicidio del ragazzo diciassettenne, accusato della morte dell’Ispettore Filippo Raciti nella tragica notte di Catania del 2 febbraio 2007.

Una notizia passata in secondo piano (soprattutto se si considera il clamore suscitato dalla voce dell’arresto del ragazzo) e che ha quasi fatto gridare allo scandalo.

Molti infatti, travolti e confusi da un’ondata moralista con pochi precedenti in Italia, si auspicavano che venissero confermati i sospetti riguardo al presunto omicidio e che il ragazzino pagasse senza sconti di pena. Fino ad oggi a nulla erano serviti i tentativi e gli appelli dell’avvocato difensore che, con molta tenacia e fermezza, tentava di far riflettere la coscienza nazionale portando alla luce, una dopo l’altra, prove inconfutabili che hanno dimostrato finalmente la verità. Quella verità oscurata da una voglia di giustizia che, pur legittima, si è trasformata in un tentativo di vendetta perpetrato sulla pelle di un minorenne di Catania e sull’intero mondo del tifo organizzato.



Premettiamo che non è nostra intenzione, con questa lettera, sminuire o peggio ancora cancellare quanto è successo a Catania, e nemmeno offendere la memoria di Raciti o la sua famiglia, alla quale siamo ancora moralmente vicini. Questo perché, per quanto ci riguarda, il rispetto per la vita è, unitamente a quello per i diritti umani, uno dei valori fondamentali per i quali ci siamo sempre battuti. Inoltre, pur avendo una discreta esperienza riguardo ai processi ed alle facili sentenze che colpiscono sempre più spesso e sempre più deliberatamente il mondo Ultras, non faremo congetture e non tireremo conclusioni sommarie, considerando oltretutto che è in pieno corso un’indagine della magistratura; ci sforzeremo poi di non rifare il verso a coloro che fino ad oggi avevano data per scontata la colpevolezza del ragazzo minorenne incarcerato da quattro mesi, evitando così inutili supposizioni, accuse e sospetti.

Eviteremo tutto questo e molto altro ancora, ma ciò che soprattutto non faremo, sarà d’ignorare quest’importante verità che scagiona anche il nostro mondo da una delle accuse più infamanti e false: quella di essere degli sporchi assassini.



Senza dubbio, la morte di Filippo Raciti è stata la conseguenza, seppur indiretta, della guerriglia scatenatasi a Catania quella sera (per ragioni ai più ancora sconosciute) e per questo non vanno dimenticate certe responsabilità; ma ciò che conta, ovviamente dal punto di vista strettamente giuridico, è che ad uccidere Filippo Raciti non sia stato un Ultras.



Una morte fra l’altro che doveva e poteva essere evitata, se solo si fosse affrontato il problema dell’ordine pubblico all’interno degli stadi per tempo ed in modo completamente diverso da quello utilizzato negli ultimi vent’anni. Infatti, se nessuno dotato di un po’ di coscienza può mettere in dubbio la violenza scaturita quella sera, molti potrebbero però obiettare sui metodi repressivi impiegati fino ad oggi nei confronti di tutti i tifosi organizzati; sistemi che vanno ben al di là della costituzione civile.

Giusto per la cronaca, sono appunto vent’anni che si sfornano e si applicano sommariamente leggi speciali ad hoc talmente anticostituzionali che non hanno fatto altro che aumentare la rabbia, la tensione e la voglia di vendetta fra polizia e tifosi.



Illustrissimo ministro, perdoni la nostra franchezza, ma sebbene con questo non si voglia assolutamente giustificare la morte di un uomo, vogliamo dirLe che siamo stanchi di sentire certi discorsi ipocriti fatti da persone che non si sono certo dimostrate migliori di noi e di vedere il nostro mondo martoriato e strumentalizzato dalle stesse che, evidentemente, conoscono a mala pena certe croniche mancanze.

Per questo, dopo quattro mesi, Le scriviamo.



Principalmente per invitarLa a riflettere sull’inutilità e sulla pericolosità di certe scelte che ci è sembrato siano state influenzate più che altro dal bombardamento mediatico derivato dall’emotività e dall’allarmismo creati, non a caso, da certa stampa. Sconvolgimenti emotivi che hanno portato all’ennesima caccia alle streghe ed alla conseguente e definitiva criminalizzazione del mondo Ultras, descritto ormai come fosse un grave tumore da estirpare nel più breve tempo possibile. Non ci fraintenda, quello che noi Le raccontiamo non è un atto d’accusa o, peggio ancora, una patetica richiesta di perdono o qualsivoglia privilegio, bensì l’umile e forse ultimo tentativo di analizzare tutto ciò che è seguito a quella notte.

Un difficile sforzo che ha come scopo quello di far restituire al nostro mondo quantomeno quel briciolo di dignità che ci spetta e che ci è stata sommariamente ed arbitrariamente tolta, grazie anche e principalmente alla gogna mediatica attivata senza ritegno approfittando oltretutto della confusione generale.

Un impegno che vorrebbe soprattutto evitare nuove tragedie umane. Per questo, dopo quattro mesi, domenica torneremo a cantare e a far sentire la nostra voce chiedendo come sempre Giustizia, Verità e soprattutto Rispetto.



Probabilmente Lei non potrà ricordare, ma due giorni dopo la notte di Catania, prima dell’emanazione del nuovo decreto super-repressivo (esattamente la domenica, in pieno periodo di “caccia alle streghe”, quando ogni giornale, tg, trasmissione sportiva e non, gettava fango senza nemmeno tentare alcuna distinzione sul movimento Ultras, individuato erroneamente e con molta leggerezza come somma emergenza criminosa della società italiana), il nostro gruppo decise all’unanimità di fermarsi, A TEMPO INDETERMINATO, per riflettere, per rispettare in qualche modo la sacralità della vita umana, per dare la possibilità alla magistratura di fare il proprio lavoro serenamente e nel minor tempo possibile (visto che in ballo non c’erano solo la verità e la giustizia, bensì il futuro di centinaia di giovani ragazzi, la tifoseria di un’intera città e, soprattutto, il destino del mondo Ultras), per avere il tempo di individuare con sangue freddo e raziocinio delle soluzioni al problema stadio, per una seria e doverosa autocritica, perché da tempo non sussistevano più le condizioni, in termini di serenità e sicurezza, per andare in trasferta e, per ultimo ma non per questo meno importante, per dimostrare che la maggior parte dei tifosi organizzati non vivono lucrando spudoratamente sulla pelle dei tifosi “veri” o, peggio ancora, estorcendo denaro alle società!



Comunicammo questo concetto in una riunione aperta a tutti fra l’altro molto affollata, sia per quanto riguarda la stampa che l’opinione pubblica stessa, segno tangibile questo del fatto che comunque e nonostante tutto non ci sono solo pregiudizi negativi nei confronti degli Ultras.

Lo facemmo oltretutto mostrando senza paura i nostri volti (non avevamo e non abbiamo niente da nascondere, convinti di portare da sempre allo stadio ideali positivi e fondamentali, seppur con difficoltà sempre maggiori), chiedendo che insieme a noi si fermassero tutti, non per una simbolica e inutile giornata, bensì per tutto il tempo che fosse stato necessario per trovare rimedi davvero validi e soprattutto EQUI. Rimedi che solo attraverso il dialogo ed il confronto con tutte le parti in causa (Ultras in primis, ovviamente!!!) potrebbero rivelarsi finalmente efficaci.

Questo naturalmente a patto che il dialogo sia costruttivo, sincero, senza barriere sociali, senza etichettature e, soprattutto, senza dietrologie; un dialogo fatto fra uomini veri e leali. Ci siamo accorti ben presto però che il nostro “grido” risultava sordo alle orecchie che avrebbero dovuto raccoglierlo (del resto non era la prima volta che lo esternavamo), che la costernazione e lo sconforto per la perdita di una vita umana venivano accantonate in favore della necessità di ripartire in fretta, a qualunque costo, “perché il campionato non si può sospendere, gli interessi sono tanti e la vita continua”!?! (paradossale visto che fino a pochi giorni dopo la morte di Raciti tutti, sottolineiamo tutti, oltre che ad auspicare uno stop clamoroso e senza precedenti di tutto il sistema calcio, ostentavano disprezzo e sentenze sommarie volti a criminalizzare una parte del mondo del calcio, ovviamente la nostra).



Si ripartì quindi senza di noi. Pochi stadi chiusi, molta desolazione e tantissima propaganda moralizzatrice: questo lo scenario.

Fu approvata una legge tanto frettolosa e lacunosa e incostituzionalmente repressiva, quanto inutile e confusionaria (lo prova il fatto che certe situazioni si siano ripetute, nonostante tutto, in modo costante, banale e pericoloso e che la stessa legge sia stata applicata sconsideratamente ed in modo ancor più discrezionale, questo ovviamente a seconda del caso, della questura oppure degli interessi in ballo).



Nel frattempo, a Catania nessuno si era preoccupato di attendere quantomeno che fosse fatta chiarezza sui fatti e un ragazzino minorenne fu dato in pasto all’opinione pubblica, condannato ancor prima della conclusione delle indagini sulla base di ipotesi e congetture senza alcun supporto probante (oltretutto non dimentichiamo che questo ragazzo, oggi finalmente scagionato dalla pesante accusa di omicidio, ha comunque già scontato una pena durissima e sproporzionata rispetto alle sue presunte responsabilità e che, probabilmente, resterà segnato e condizionato per tutto il resto della sua vita).



Precisiamo che durante questa lunga fase che ci ha visti spettatori inermi e che noi amiamo definirla di riflessione, il nostro impegno è stato interamente concentrato al di fuori della curva, nel difficile tentativo di contro-informare l’opinione pubblica, portando alla luce quei nobili valori appartenenti al nostro spirito Ultras e sottolineando l’ingiustizia nonché l’inutilità della repressione.

Questo ovviamente senza fare dell’inutile vittimismo e senza dimenticare mai le responsabilità oggettive che riguardano il nostro mondo; un mondo che non sarà probabilmente un paesaggio idilliaco, ma nemmeno una bolgia dantesca (sicuramente non è mai stata una zona franca come qualcuno sostiene, anche perché chi sbaglia paga, sempre e pesantemente!).



Naturalmente, coerenti con la nostra linea, non abbiamo ripreso a tifare, né tanto meno ad affrontare la trasferte. Ci siamo “limitati” ad aprirci alla gente comune attraverso varie iniziative, come ad esempio la nostra festa, che vede la partecipazione di decine di migliaia di persone (in primis famiglie e bambini!! particolare curioso quando, in ogni dove, si sente dire che sono proprio gli Ultras ad allontanare i bambini dallo stadio!!!); attraverso gli incontri con i giovani nelle scuole, attraverso il dialogo con i rappresentanti delle Istituzioni che hanno accettato di confrontarsi lealmente e costruttivamente con noi (per quanto ci riguarda, ribadiamo che quello del confronto basato sulla lealtà e sul rispetto è l’unica soluzione possibile ed auspicabile per fare maturare non solamente il mondo Ultras, ma l’intera società che, ci sembra, abbia molti più problemi di quanto si voglia far credere ai cittadini).



Abbiamo discusso in ogni forma, sempre con la consapevolezza che gran parte della responsabilità di questo difficile momento storico vada imputata agli errori commessi dai gruppi organizzati, ma non solo, visto che abbiamo potuto provare sulla nostra pelle molti eccessi ed abusi non riconducibili ai soli Ultras (per questo Le consigliamo di ascoltare con molta attenzione quanto vissuto da migliaia di tifosi in situazioni che definiremmo, usando un eufemismo, paradossali rispetto a quello che spesso viene raccontato).

Durante queste discussioni e questi incontri abbiamo riscontrato il profondo rispetto che molte persone provano nei nostri confronti; rispetto che oltre a darci la forza di ricominciare dimostra ancora una volta il valore positivo di una realtà sociale ed aggregativa come la nostra che rimanda decisamente al mondo Ultras.



Illustrissimo ministro, noi siamo consapevoli dei nostri limiti e ci sforziamo costantemente di migliorare la nostra condotta che però, le piaccia o meno, non sarà mai quella di certi santi blasonati che qualcuno vuole imporci (anche perché, non lo dimentichi, siamo dei comunissimi mortali, prigionieri di una fede e dotati di una grande passione). Eppure, nonostante tutto, ci sforziamo ancora di trasmettere in qualche maniera ai ragazzi più giovani sentimenti positivi e valori fondamentali quali Amicizia, rispetto, lealtà, solidarietà, obbligandoli magari a riflettere sulle conseguenze di certe azioni devastanti.

Per questo siamo anche coscienti della responsabilità che deriva da ogni nostro gesto e ribadiamo, quando ci è possibile, l’importanza sociale che riveste il nostro gruppo all’interno del tessuto sociale della nostra splendida città. Per questo non molleremo mai!



Illustrissimo ministro, per concludere, vogliamo dirLe che noi, come tanti altri tifosi, dopo la morte di Raciti ci siamo fermati a riflettere convinti di avere avuto delle responsabilità in quello che è successo a Catania.

Ci siamo messi in discussione, come del resto abbiamo messo in discussione la nostra storia e soprattutto la nostra coscienza, alla ricerca di nuove motivazioni e nuovi stimoli oltre che d’eventuali responsabilità.



Purtroppo, dopo quattro mesi di attacchi mediatici; dopo una legge che a Brescia ed in molte altre città vieta non solo le magliette o le sciarpe del gruppo, ma perfino le magliette recanti un articolo della Costituzione Italiana (sulla libertà di espressione) che Lei come tanti altri dovrebbe invece difendere; dopo che gran parte della Nazione ha di fatto condannato per sommi capi, prima ancora della sentenza, un ragazzo minorenne per un reato gravissimo; dopo che gli stadi sono diventati “fortini inespugnabili” per tutti, in particolare per i tifosi più moderati; dopo che i fatti di teppismo e slealtà (incompatibili con la nostra Mentalità) non sono per nulla calati... DOPO TUTTO QUESTO!, veniamo a sapere che ad uccidere l’ispettore Raciti non è stato un Ultras e che probabilmente non si tratta nemmeno d’omicidio, ma verosimilmente di un incidente avvenuto con un mezzo della Polizia stessa, sebbene nessuno abbia il coraggio di ammetterlo (di fronte alla morte di un poliziotto, questo piccolo particolare probabilmente per Lei non sarà poi così importante e sicuramente non alleggerisce determinate responsabilità, come del resto non risolve il problema che sta alla base e che andrebbe affrontato diversamente allo scopo di evitare ulteriori tragedie; ma per coloro che da un giorno all’altro si sono riscoperti agli occhi della gente nelle vesti di vili assassini, tutto ciò è determinante e cambia radicalmente il nostro punto di vista. Questo lo diciamo ovviamente senza generalizzare, senza fare dell’inutile vittimismo e senza volere soprattutto strumentalizzare la morte di un uomo e la vita di un ragazzino).



Illustrissimo ministro, tutti questi nuovi sviluppi non fanno altro che surrogare quanto detto in precedenza, con particolare attenzione ad alcuni concetti: -il tipo di ruolo e d’utilizzo delle forze dell’ordine allo stadio andrebbe completamente rivisto, perché, ad oggi, non è riuscito a garantire la sicurezza generale ma, al contrario, è stato spesso focolaio di tensioni inutili e pericolose. -la scelta di utilizzare metodi repressivi ed anticostituzionali va rivista, perché, ad oggi, ha fallito profondamente. -il dialogo tra ogni componente del mondo-stadio (tifosi compresi) deve diventare lo strumento principale per migliorare una situazione che dai fatti di Catania ad oggi non è affatto migliorata, ma se possibile addirittura peggiorata, sebbene non si dia più risalto a certe situazioni. -il rispetto e la lealtà, non il “buonismo” o certe logiche di… potere, devono essere alla base d’ogni scelta. -le Libertà fondamentali non vanno mai violate, nemmeno nei contesti più “scomodi” e paradossali come il nostro. -ecc.



Solo attraverso questo nuovo percorso il mondo Ultras, il nostro mondo, potrà fare il tanto sperato salto di “qualità”, recuperando nel frattempo quella Dignità cancellata con superficialità e leggerezza da tutto ciò che è stato detto, scritto e purtroppo fatto in questi mesi (sappia che, per quanto ci riguarda, l’uomo è poca cosa senza la propria Dignità).

Una Dignità che non deve risultare una generosa concessione o peggio ancora una travagliata conquista, ma un diritto naturale e sacrosanto, proprio come il diritto di vivere o la libertà d’espressione che oggi, purtroppo, per molti di noi è diventata un’utopia.

Una Dignità che rivogliamo con tutta l’anima. Una Dignità che ci riprenderemo, anche perché sarebbe veramente difficile per noi sopportare un’altra tragedia come quella di Catania.



Illustrissimo ministro, rivogliamo la nostra Dignità!



Brescia 1911 Curva nord

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