Petroldollari 2.2
2.2. Cause della prima guerra del Golfo.
L'Irak si trovava all'inizio del 1990 in una situazione disperata: per una economia basata quasi esclusivamente sulla commercializzazione del greggio e in minima parte sui suoi derivati, il basso prezzo del petrolio degli anni '80 e la guerra con l'Iran, avevano prodotto effetti disastrosi. L'inflazione aveva raggiunto il 45% e la disoccupazione il 35%. Oltre alla riduzione della rendita petrolifera conseguente alla riduzione dei prezzi sul mercato internazionale, si aggiungeva un esercito di un milione e mezzo di soldati che dovevano essere reintegrati nella vita civile. L'Iraq aveva iniziato la guerra con l'Iran con un attivo di 40 miliardi di dollari, l'aveva terminata con un debito di 80 miliardi di cui 36 contratti con i paesi "fratelli" (Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, ecc.) e aveva un preventivo di spesa di altri 50-60 miliardi di dollari per la ricostruzione degli impianti danneggiati, senza che nessuno degli obiettivi prefissati fosse stato raggiunto. Gli stessi paesi "fratelli" avevano venduto per molti mesi quantitativi superiori alle quote stabilite dall'Opec a prezzi inferiori a quelli di mercato, causando quella riduzione della rendita petrolifera che aveva messo in ginocchio l'Irak. Per Baghdad, quindi, stretta nella morsa di una crisi economica e di una situazione politica interna sull'orlo dell'esplosione, non restava altro che presentare il conto al più piccolo di turno.
Nel luglio 1990, il Kuwait venne accusato di aver estratto abusivamente il petrolio dal giacimento irakeno di Rumayla al confine tra i due paesi. Quindi l'Irak dichiarò unilateralmente di ridurre il debito con il Kuwait contratto durante la guerra con l'Iran a titolo di indennizzo e dichiarò anche di prendere possesso delle due isole, Warba e Bubiyan, sullo Shatt al-Arab. Con alcune pressioni diplomatiche Saddam ottenne un rialzo dei prezzi e un prestito di 10 miliardi di dollari dal Kuwait, ma gli Emiri respinsero ogni pretesa sulle due isole. L'Iraq possiede solo 58 km di costa nei pressi del delta dello Shatt al-Arab, ma sono zone paludose con fondali bassi e scarsamente navigabili. L'unico porto è quello di Bassora, ma non vi possono accedere le maxi petroliere e le grandi navi da trasporto. Il Kuwait invece disponeva di coste con alti fondali e con le strutture dei terminali petroliferi in perfetto funzionamento. Il Kuwait era di fatto l'unico tentativo per l'Iraq di uscire dalla crisi, ma una volta occupato il Kuwait, Saddam Hussein avrebbe controllato il 20% della produzione Opec e il 25% delle risorse petrolifere mondiali, sarebbe diventato lo Stato dominante andando perciò contro le ambizioni americane.
L'amministrazione Bush era però al corrente sia delle trattative tra Saddam Hussein e gli Al Sabbah, gli Emiri del Kuwait, sulla rinegoziazione del debito, sulle quote di estrazione dalla falda comune che della polemica sul basso prezzo del greggio. Inoltre, il 25 luglio 1990, al culmine delle trattative tra l'Iraq e Baghdad, l'ambasciatrice americana aveva ricevuto la comunicazione formale ed esplicita che era in preparazione un attacco contro il Kuwait. Questa notizia è sempre stata poco pubblicizzata, probabilmente perché la successiva aggressione del 2 agosto doveva risultare improvvisa. Il 2 agosto 1990 l'Iraq invase il Kuwait e l'Onu con la risoluzione 660 chiese l'immediato rientro delle truppe irakene, mentre il 6 agosto, con la risoluzione 661, venne decretato l'embargo economico e commerciale e il blocco totale degli acquisti di petrolio irakeno. Già il 7 agosto Bush iniziava l'escalation militare ammassando in territorio saudita una potente macchina da guerra. Saddam Hussein cercò di uscire dall'isolamento facendo leva sulle masse arabe e palestinesi e dichiarando, il 12 agosto, di essere disposto a lasciare il Kuwait a condizione che Israele si ritirasse dai territori occupati e la Siria dal Libano. Già da subito era evidente che gli Usa volessero la guerra per ristabilire il nuovo ordine internazionale. Lo spauracchio del comunismo, dopo la caduta dell'Urss, non poteva più essere utilizzato, così si è giocata la carta del diritto internazionale. Inutile dire che il diritto internazionale è stato calpestato più volte, dalle risoluzione 242 e 338 che imponevano il ritiro di Israele dai territori occupati dopo la guerra del '67, al protettorato militare della Siria sul Libano, dall'invasione americana di Grenada al bombardamento di Tripoli fino all'invasione di Panama con l'operazione "giusta causa" nessuno si era mai preoccupato di votare risoluzioni di condanna, embarghi o usi della forza. Neanche quando l'Iraq aveva tentato di invadere l'Iran erano state applicate sanzioni, perché stava arginando il pericolo islamico, anzi le condanne le aveva subite l'Iran.
A fine agosto, inoltre, si stava arrivando ad una soluzione pacifica con l'Arabia Saudita come intermediario, ma un ulteriore sviluppo fu impedito. Il 25 agosto, la risoluzione 665 autorizzava l'uso della forza e il blocco navale contro l'Iraq. A fine settembre l'Iraq minacciava di distruggere il sistema petrolifero saudita e tentava un accordo con l'Iran per rompere l'embargo. Nel frattempo, buona parte dei paesi della Lega Araba, prendevano parte alla coalizione che si opponeva all'espansione irakena. Era la fine del panarabismo. D'altra parte le borghesie arabe non hanno mai rifiutato alleanze o la fornitura di armi e finanziamenti da parte dell'imperialismo occidentale per risolvere questioni con gli stati "fratelli", lo stesso anti-occidentalismo e appoggio alla causa palestinese di Saddam Hussein erano un semplice paravento dietro il quale giustificare i veri scopi dell'aggressione. La maggior parte dei membri dell'Opec dopo il 6 agosto aveva aumentato la produzione di greggio per compensare le forniture irakene, ma la minaccia di Saddam Hussein di attaccare l'Arabia Saudita aveva provocato un brusco aumento dei prezzi non tanto per la paura di una riduzione dell'offerta a causa della riduzione della produzione saudita, ma per il timore di un conflitto e di una instabilità degli equilibri nella regione. Il 29 novembre gli Usa imposero all'Onu la risoluzione 678 che prevedeva la scadenza dell'ultimatum il 15 gennaio, data dopo la quale sarebbe stato autorizzato l'uso della forza.
Etichette: Mattia, petroldollari
2 Commenti:
Ti stavo appunto per chiedere di ricominciare a postare....
posto quando ho molto da fare col lavoro e dunque tengo "vivo" il blog con un lavoro già fatto.
quando piove sempre come in questo periodo e duqneu sono sempre in casa impossibilitato a lavorare invece scrivo cose mie :-)
comq il lavoro di mattia più lo leggo e più mi pare davvero ben fatto.
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