Le tasse sulle rendite finanziarie non andranno a chi lavora, ma ad ingrassare la casta
mi associo ben volentieri alla lettera "ideologie e rendite" scritta da un saggio lettore di finanza politica e pubblicate sul medesimo sito dall'amico blogger.
mi permetto però di aggiungere solo una raccomandazione, non facciamo l'errore di dividerci generalizzando erroneamente con discorsi del tipo:
"il sistema si regge e va avanti utilizzando la ricchezza creata dai ceti produttivi: piccole e medie imprese, dipendenti del settore privato, lavoratori autonomi."
sono certissimo che tanti lavoratori dipendenti del settore pubblico si guadagnano il pane come noi tutti e condividono i nostri stessi problemi. non cadiamo nel loro tranello, "dividi et impera" era un processo già ben noto al tempo degli antichi romani... poi da un momento vedrò di dedicare anche un pò di spazio al "panem et circenses" perchè la storia dell'uomo è spesso ciclica sicchè sovente ripropone le stesse cose presenatate dai marionettai con un vestito diverso... LL
9 Commenti:
Ci prendono per babbei. Credono di tirar su qualcosa tassando di più. Ma non sanno che dovranno aumentare il tasso per pareggiare la maggior tassazione?
Risultato finale: ZERO.
è presumibilmente vero quello che dici se riferito ai titoli di stato.
per quanto riguarda però le azioni, i derivati, i fondi comuni d'investimento invece... ci fotteranno alla grande
caro LL , la tua osservazione era giusta, e , come ti ho risposto sul sito indicato, avevo già corretto: mi permetto di postarti l'ultima versione dell'articolo e alcuni link.
se trovi il tutto prolisso cancellalo.
Ideologie e rendite
Penso che tutta la storia e la mappatura filosofica delle ideologie siano da riscrivere, per lo meno a partire dall'Illuminismo. Ai soggetti provenienti da famiglie prive di identità che ci vengono a dire come deve andare il mondo, quando essi stessi non sanno né chi sono né perché esistono, non possiamo che opporre lo ius naturalis e i suoi capisaldi: la proprietà privata e il libero mercato. Proprietà privata e libero mercato impongono di buttare le ideologie nel pattume, una volta per tutte: gli errori mentali e il regresso di civiltà dei nostri nonni del Novecento, un secolo di istupidimento di massa e di follia collettiva, non dobbiamo pagarli noi.
Occorre piuttosto imparare a riconoscere quando democrazie formali delegate nascondono tirannie oligarchiche e stataliste: le famiglie dei tiranni e i loro clientes, in questo caso, vogliono controllare e ingessare il mercato, e pretendono di vivere sulle spalle dei cittadini contribuenti, dei ceti produttivi.
Per impossessarsi della ricchezza creata e guadagnata dai ceti produttivi, tassano gradualmente ogni azione che il lavoratore compie nella sua vita, ogni ambito della sua esistenza. Salari e stipendi, consumi, atti amministrativi, risparmi, case, trasferimenti di proprietà, il pieno di benzina o di carburante per il riscaldamento, tutto diventa occasione per imporre balzelli ed estorcere così denaro a chi se lo è sudato.
Oggi vengono a raccontarci che vogliono diminuire le tasse sul reddito da lavoro dipendente; i soldi per far ciò però li trovano raddoppiando le tasse sui risparmi dei lavoratori dipendenti, dei poveri Cristi, di coloro che non possono emigrare o almeno portare i loro risparmi all'estero. In questo consiste la famigerata armonizzazione (o riordino), cioè l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie.
Le quali ovviamente non sono rendite, ma sono i sudati, tartassati, inflazionatissimi risparmi di lavoratori e pensionati, che già non rendono nulla, visto che a causa dell'inflazione i rendimenti reali sono oggi negativi. Chi vive di rendita sono caso mai i membri del politburò, i maggiordomi dei padroni, coloro che hanno venduto il loro consenso in cambio di uno di quei posti pubblici d'oro o di comode poltrone politiche, con scarso engagement e lauti stipendi: rendite, appunto.
I dominanti di oggi possono essere raffigurati da una piramide: al vertice abbiamo le odierne famiglie reali, le famiglie della grande impresa assistita, sovvenzionata, sussidiata, i padroni assoluti dello stato, e le famiglie dei boss delle cosche. Nel mezzo troviamo i maggiordomi privilegiati, coloro che occupano le poltrone ben retribuite delle cariche politiche, amministrative e burocratiche, il politburò. Alla base abbiamo quella parte di dipendenti pubblici assolutamente inutile, coloro che, per timore di dover combattere sul libero mercato, hanno venduto il loro consenso in cambio di un "posto" pubblico, per un misero stipendio, disprezzati dai loro stessi protettori. Tutti gli appartenenti a questa piramide producono poco e male: il sistema si regge e va avanti utilizzando la ricchezza creata da altri, dai ceti produttivi: piccole e medie imprese, dipendenti del settore privato, lavoratori autonomi, e quella parte del pubblico impiego realmente necessaria al paese. La tirannia e l'oppressione consistono nel costringere questi ceti produttivi a mantenere, per forza, gli altri ceti parassitari. Il fisco serve prevalentemente a questo. Oggi la lotta di classe non è più tra proletari contro borghesi, ma tra lavoratori contro parassiti, tra ceti produttivi contro il politburò.
Il fine degli attuali dominanti è lo sterminio dei ceti medio-bassi, ai quali deve essere tolta ogni velleità di formarsi un piccolo patrimonio familiare. La logica redistributiva toglie ai medio-piccoli per dare ai grandi e grandissimi, con una evidente finalità di proletarizzazione (leggi: schiavizzazione) di chiunque non appartenga alle famiglie e alle cosche al potere. Questo processo di proletarizzazione è stato studiato e progettato fin nei minimi dettagli, ed è uno strumento di mantenimento del potere. Ovviamente viene travestito da “redistribuzione a favore delle famiglie, dei lavoratori dipendenti, dei proletari” proprio nel momento in cui sono le famiglie e i lavoratori a essere colpiti, penalizzati, impoveriti dal continuo aumento della pressione fiscale. Tassare salari e stipendi, tassare consumi, tassare risparmi, tassare case, tassare i carburanti o quant’altro è sempre la stessa cosa: sono tutti aumenti della pressione fiscale contro il popolo e a favore dei dominanti e dei loro servi. Socializzazione dei costi del consenso vuol dire semplicemente che i dominanti si pagano servi e consenso coi soldi pubblici, coi soldi nostri, quelli che ci tolgono con le tasse.
Oggi, il massimo a cui un cittadino qualunque può aspirare, è che gli venga graziosamente concesso un posto pubblico, un boccone di pane, e, per i più ligi al regime, per quelli che portano più consenso, qualche poltrona d’oro. Non si azzardi il cittadino qualunque a mettersi in proprio, a iniziare un lavoro autonomo o imprenditoriale, un’attività produttiva: verrà immediatamente strozzato dalla burocrazia e dal fisco, e lavorerà per altri, per i poteri forti e per il loro stuolo di lacchè politici e burocrati. Manterrà col suo lavoro e con le sue tribolazioni i ceti parassitari.
Per questo l’evitare l’ulteriore appesantimento della tassazione sui risparmi degli Italiani rappresenta una sorta di “linea del Piave”, sulla quale dovrebbero attestarsi tutte quelle forze politiche, quei tributaristi e quegli economisti ancora dotati di un minimo di ragionevolezza, equità e dignità.
I risparmi sono già tartassati dall’inflazione e dall’imposta sostitutiva: ancora non basta? Tutte le famiglie si sono accorte che il potere d’acquisto dei loro poveri risparmi è stato decimato dall’inflazione. E l'inflazione è una tassa, anzi, è il più pesante e subdolo tributo di cui già si avvantaggia lo stato. Tutti sperimentiamo quotidianamente che in Italia c'è un'inflazione ben superiore a quella ufficialmente dichiarata dall'ISTAT: questa inflazione reale è il tributo che i risparmiatori già pagano al fisco, cui si aggiunge l'attuale imposta sostitutiva del 12,5% che ora si vorrebbe iniquamente aumentare, con un intento demagogicamente e ideologicamente espropriativo.
E, sottolineo, è assolutamente falsa, falsissima, l’affermazione ricorrente che il rendimento del risparmio è tassato meno dei redditi da lavoro o d’impresa. Il carico fiscale che le imprese subiscono, è di fatto contenuto: l'aliquota sul reddito d'impresa è fittizia, visto che si applica non su tutto il reddito, ma solo sul reddito imponibile, e qualsiasi commercialista è in grado di decimare l'imponibile del reddito d'impresa. Tutta una serie di fasce esenti, deduzioni e detrazioni sono poi previste per tutti gli altri tipi di reddito, a cominciare dal reddito da lavoro dipendente. Ciò non accade invece per l’imposta sostitutiva, che è un tributo ben diverso dall’imposta sul reddito. Ed è proprio l’imposta sostitutiva che già oggi colpisce i rendimenti dei risparmi: le sue aliquote si applicano quindi senza sconti su tutto il reddito nominale (ben maggiore di quello reale!) dei risparmi, fino all'ultimo centesimo, non essendovi alcuna possibilità di dedurre costi e spese dall'imponibile, né fasce esenti. Si applicano anche sulle perdite da inflazione! Quindi il paragonare l'aliquota solo nominalmente più alta del reddito d'impresa o di lavoro a quella del 12,5% sui redditi finanziari nominali non ha senso, e chi, in possesso delle dovute conoscenze giuridico-tributarie, fa tale paragone fra aliquote di imposte strutturalmente diversissime, lo fa in malafede, per infinocchiare chi di tributi non se ne intende.
E quel neokeynesianesimo imperante, quel tassa e spendi, che tanto fa comodo ai ceti parassitari, è talmente insensato da illudersi che tassando i risparmi fino a ucciderli si spinge la gente a consumare di più, stimolando l’economia. No, non è così. L’effetto di una maggiore tassazione è esattamente il contrario: le possibilità economiche delle famiglie sono decimate dal calo dei rendimenti dei loro risparmi e dall’aumento dei costi per le abitazioni. Le famiglie si tengono ancora più stretti i loro risparmi, non consumano, non domandano i prodotti che le imprese offrono. Gli imprenditori di conseguenza non investono, e l’economia regredisce.
Capiamoci, con l'assalto dei ceti parassitari ai risparmi dei lavoratori (le rendite finanziarie) il passaggio è epocale: nessun governo, anche ferocemente statalista, in passato era mai arrivato a tanta iniquità. Per impadronirsi dei nostri risparmi non si accontentano più dell'inflazione, oggi l'attacco espropriativo contro i risparmi degli Italiani è diretto, frontale e pesantissimo: aumento, quasi raddoppio dell' imposta sostitutiva, che, si badi bene, e lo ripeto, è per sua struttura e per base imponibile molto più pesante e vessatoria, a parità di aliquota percentuale, della normale imposta sul reddito, con la quale in troppi, per ignoranza o malafede, la confondono. All’esproprio dei risparmi seguirà, già annunciato, l’attacco fiscale agli immobili, facilmente attuabile attraverso una revisione al rialzo delle rendite catastali. E, una volta tartassati risparmi e case, troveranno qualcos’altro da tassare, che so, i balconi (già ci hanno provato!), o i cessi dei laboratori degli artigiani, o le bottiglie di acqua minerale, o i cani e i gatti che ci teniamo in casa, in un’infinita pauperizzazione, un infinito asservimento di chi lavora e produce, di chi non è dei loro. Se non li fermiamo ora non li fermeremo più. Per questo la battaglia in difesa dei nostri risparmi va combattuta fino in fondo, questa "linea del Piave" non deve essere sfondata.
Come sono bravi, coloro che vivono sulle nostre spalle, nel falsare il significato del linguaggio, nel camuffare con l’ideologia gli espropri che perpetrano a loro esclusivo vantaggio.
Che fantasia affermare: "Vogliamo abbassare le tasse sui salari dei lavoratori, quindi raddoppiamo le tasse sui loro risparmi...".
Quanta gente sprovveduta e in buona fede si lascerà ancora prendere per i fondelli? Quanti poveri Cristi non capiranno che i tartassati sono sempre loro, che lavorano per far fare la bella vita a qualcun altro?
E ripeto il mio vecchio suggerimento: chiediti sempre nelle tasche di quali famiglie vanno i soldi che lo stato ti toglie.
Avv. Filippo Matteucci
Un plauso, da parte mia e da parte di tutti i risparmiatori, di tutti i lavoratori che hanno risparmiato e continuano a risparmiare per garantirsi un futuro, per loro, per le loro famiglie, per i loro figli, in uno stato che non garantisce nulla se non l'oppressione fiscale, a Benedetto Della Vedova, Daniele Capezzone, Piercamillo Falasca e Mario Seminerio, e a Il Giornale, per queste prese di posizione.
Per chi volesse approfondire l'argomento, consiglio anche:
http://epistemes.org/2008/01/10/dieci-buone-ragioni-per-non-tassare-le-rendite/
Articolo di Benedetto Della Vedova, Piercamillo Falasca e Mario Seminerio
http://www.tradersxsempre.com/public/forum/index.php?showtopic=1253&pid=135606&mode=threaded&start=
(intervento di Luciano Priori Friggi)
by http://www.lewrockwell.com/paul/paul334.html
(articolo sull’Inflation Tax di Ron Paul)
http://www.clubeconomia.it/articoli/articolo.php?id=553
(articolo di Gian Battista Bozzo)
http://www.italia-risparmio.it/finanza/rendite_finanziarie_ipotesi_sugli_effetti_di_un_aumento_di_tassazione.php
(articolo mio)
Avv. Filippo Matteucci
p.s. quanto al dividi et impera, mi ha ricordato una mia poesiola senza pretese (non scrivo solo articoli tecnici o politici....) che puoi trovare qui
http://www.propertyandmarket.ilcannocchiale.it/post/1717942.html
vedi se ti diverte...
grazie per il link e il consiglio
troppo prolisso? da cancellare? ma scherzi?!
anzi ti ringrazio di averlo voluto postare anche da me e ti rendo onore per aver capito lo spirito del mio piccolo appunto addirittura arrivando a modificare l'originario testo.
i tuoi commenti saranno sempre benvenuti sul mio blog.
ps: non cancello nessuno, sono a favore del diritto di poter liberamente manifestare il proprio pensiero, semmai rimuovo chi di questo stupendo e fondamentale articolo della costituzione ne fa spregio (quando gli viene bene..).
Siccome siete faziosi e non dite mai la verità completa potete spiegare a quanto è la tassazione sulle rendite nelle locomotive mondiali quali germania, francia, inghilterra e stati uniti?
Fareste un bel servizio di informazione invece che DEMAGOGIA!
MARCO
caro marco,
forse dimentichi due piccolissimi particolari:
1- in quei paesi da te citati la pressione fiscale è più bassa che qui per cui si cede una parte minore del proprio stipendio allo stato; bisognerebbe ricordarsi che ognuno investe solo i propri risparmi... e che i risparmi personali uno se li costruisce privandosi di qualche consumo proprio partendo dallo stipendio.
2- i servizi offerti dagli stati da te citati non credo siano nemmeno lontamente paragonabili a quelli che riceviamo qui... (non dirmi che in usa si pagano la sanità, risparmiatelo).
forse forse il fazioso... il demagogo...
Caro LL (o fazioso, demagogo)
1) non hai risposto alla mia domanda. quanto è la tassazione sulle rendite nel resto d'europa?
2) non rendi un servizio sospettando il governo sempre e comunque (se davvero aumentano i salari riducendo l'irpef cosa dirai?)invece visto che tratti di economia perchè non elogi il giudizio che ha dato S&P al governo?
3) vai a vedere quanto è la pressione fiscale nel resto dell'europa, avrai sorprese e scoprirai che l'italia non è l'ultima e con questa finanziaria le tasse diminuiscono.
Marco
resto della mia faziosa e demagoga idea, non sono degno di darti risposta.
ci tengo a precisare una cosa:
NON E' INTEZIONE DI QUESTO BLOG RENDERE SERVIZI, QUESTO E' APPUNTO UN DIARIO PERSONALE NULLA DI PIU'.
NON E' UN GIORNALE, NON HO NESSUNA PRETESA DI ALCUN GENERE TANTO E' VERO CHE LA SUA CONSULTAZIONE E' TOTALMENTE GRATUITA.
Quanto la volontà popolare volesse un aumento della tassazione sui risparmi , o su qualunque altro oggetto d'imposta, lo hanno dimostrato i pochi voti presi da veltroni e la cancellazione dal parlamento di comunisti, verdi, arcobaleni e altri politici di professione creatori eo continuatori di ideologie obsolete.
Requiescant in pace.
Non mi faccio neanche illusioni sul nuovo governo Berlusconi: i primi provvedimenti in tema di sicurezza e ordine pubblico sono insufficienti e inefficaci.
Ma almeno ci ha tolto l'ici sulla prima casa.
avv. filippo matteucci
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